LA MIA ESPERIENZA AL TEMPO DEL COVID (
Enrica )
Alla fine
del mese di gennaio 2020 iniziano a filtrare dalla Cina notizie su una
misteriosa epidemia, di tipo influenzale, che si sta diffondendo rapidamente
nella città di Wuhan. Le autorità cinesi
chiamano questo virus Covid 19.
Alla fine di
Febbraio si registra il primo caso in
Italia nella cittadina di Codogno a pochi chilometri da Milano. In pochi giorni la veloce diffusione del
virus induce le autorità a “sigillare” la cittadina impedendo sia l’ingresso
che l’uscita degli abitanti. Impariamo la parola lockdown. Sono giorni, peraltro, nei quali non si
ravvisa ancora la percezione della gravità dell’epidemia che sta per esplodere.
Con
l’intensificarsi di notizie sulla gravità e letalità dell’epidemia comincio ad
avere una seria preoccupazione, che ben presto si trasforma in realtà.
La sera di venerdì
6 Marzo mio marito inizia ad accusare
una strana stanchezza con leggera febbre.
Col passare delle ore la febbre sale oltre i 40 e la preoccupazione aumenta:
chiamo il 112 che mi consiglia di non
recarmi al Pronto Soccorso suggerendomi di somministrare Tachipirina, però
senza nessun risultato apparente. Nel pomeriggio di sabato chiamo il 118 e,
dopo qualche ora, vengo contattata da un medico che conferma la precedente
indicazione ma,dopo aver acquisito l’età e la malattia di Parkinson di cui
soffre Giancarlo, mi rassicura che invierà al più presto un’ambulanza che verso
le 23 arriva.
Mi sembra di
vivere una situazione irreale: il personale dell’ambulanza indossa mascherine,
tuta protettiva con guanti e sovrascarpe. Gli infermieri, dopo aver espletato
tutte le procedure, mi raccomandano di non recarmi in ospedale
Verso le
3,30 una telefonata del medico del Pronto
Soccorso mi informa che gli esami sono buoni, e la febbre sta calando. Pur non avendo l’esito del tampone faringeo,
mi chiedono di andare in ospedale perché lo stanno dimettendo.
Sono le 20 della
domenica quando un medico che mi avvisa della “positività del tampone”. Ciò impone
l’isolamento rigoroso di Giancarlo, l’uso di guanti, mascherina e disinfezione
di oggetti e stoviglie.
La notifica di
“quarantena obbligatoria” è per tutti
noi (Giancarlo,io, Viviana ed Edoardo )un trauma psicologico non indifferente
in quanto non era stata presa in considerazione la possibilità del contagio. La nostra vita cambia: da un tranquillo
tran-tran a una vita piena di regole pratiche. Viviana ed Edoardo, a causa della quarantena
obbligatoria, non vanno più in ufficio e iniziano l’attività lavorativa in
modalità “Smart Working”.
Per me il
lavoro si moltiplica: devo provvedere innanzitutto ad una accurata pulizia ed
igiene della camera di Giancarlo per mantenere le condizioni di massima sicurezza,
a ciò si aggiungono le normali faccende domestiche e ancora più gravoso devo sobbarcandomi la preparazione quotidiana dei
pasti per quattro persone. Sono giorni difficili e spesso sono molto
stanca. Devo però ammettere che trovo soddisfazione nella preparazione
di torte salate e dolci di ogni tipo). Ma si sa, le donne sono sempre le
crocerossine della famiglia, e tutto deve essere sotto il nostro controllo.
Giancarlo
però man mano che le giornate passano sempre uguali manifesta insofferenza per
la mancanza di attività fisica molto importante per la sua malattia ,perciò nei
pomeriggi delle belle giornate primaverili “passeggiamo” nel nostro giardino
per la classica ora d’aria dei carcerati… ben
distanziati con mascherina e guanti.
Solo alla
sera finalmente posso godere di un po’
di relax con la lettura di un buon libro o giocando online a Burraco.
Devo
evidenziare due cose importanti di questa quarantena obbligatoria : l’aiuto dei
miei vicini per il rifornimento di generi alimentari e il loro grande sostegno
morale, unitamente alla telefonata quotidiana della Polizia locale per il controllo della
nostra presenza in casa e per avere notizie sulla nostra salute, in accordo con
l’ordinanza del Sindaco.
Se Dio vuole, passati i 21 giorni di quarantena, Giancarlo
esegue i due successivi tamponi di controllo che risultano “NEGATIVI”.
Hurra !!!! La
quarantena obbligatoria è finita …. Siamo liberi cittadini ….. si fa così per dire.
E’ comunque chiaro ed evidente che il VIRUS sarà per noi e per tutti una presenza costante
ed insidiosa, obbligandoci a comportamenti inusuali sia a livello personale che
nei riguardo degli altri.
. Sono le
relazioni interpersonali le cose che ci mancano di più in assoluto.
La
drammaticità e la straordinarietà del momento storico che stiamo vivendo non
deve, però, offuscare tanti momenti "buoni" la vicinanza degli
affetti più cari, una risata strappata, un momento di sana leggerezza, il
piacere delle cose semplici, il conforto e la consolazione di un buon piatto
cucinato e gustato, la scoperta di una vicinanza, seppur a distanza, grazie
alle nuove tecnologie. Vogliovedere questo virus non solo come una grande
tragedia, ma anche come una prova di pazienza e resilienza per tutti noi.
E alla fine
di tutto sono sicura che sarò più forte e apprezzerò anche le piccole cose.
Enrica
Un'altra esperienza di vita in questo tempo difficile, questa volta da parte di chi ha dovuto assistere un famigliare ammalato di covid, con coraggio e resilienza, nonostante le difficoltà.
RispondiEliminaMarilena.