Una
giornata quasi normale
È
lunedì pomeriggio di una giornata apparentemente tranquilla, ma piena di pathos
e angoscia, è una giornata da Coronavirus. Seduta sul divano della mia sala
avvolta in un plaid verde osservo il giardino che dà sul retro della casa. Il
cielo è plumbeo, una leggera pioggerellina cade insistentemente sugli alberi,
la camelia lascia di tanto in tanto cadere ai suoi piedi fiori rosa che non
sanno di primavera. Qualche merlo si aggira saltellando timidamente in cerca di
insetti, un leggero venticello accarezza le piante.
Il
ticchettio delle gocce di acqua che dal dorso delle foglie della tuia scivolano
a terra, attira la mia attenzione. Per un attimo mi ritornano alla mente le spumeggianti onde del mare di
Strongoli, il mio paese natio, quando maestosamente si infrangono sulla
battigia liberando nell'aria una miriade di goccioline accompagnate da un suono
armonioso che parla di musica. Ah! Il mare, il mio mare, mio amore primordiale,
quanto l’adoro, quanto mi manca! Quanto mi manca il suo luccichio argenteo e azzurro
accompagnato dalla brezza del mattino e quanto mi mancano anche i tramonti rosso fuoco sulle montagne della Sila!
Attorno a me c’è un silenzio surreale,
mio marito seduto in poltrona è immerso nella lettura, mentre Stefania nella
sua stanza sta preparando al computer la lezione che dovrà tenere domani in
video chat con la classe.
Le
strade sono deserte, non passano macchine, raramente si vede qualcuno che a
capo chino con mascherina sul viso e con passo deciso porta il cane a
passeggio. A ritmo incessante si sente il suono spiegato, assordante della
sirena dell’autoambulanza che corre verso l’ospedale. Come tutte le città anche
la città di Legnano, dove vivo e lavoro da parecchi anni, si è fermata; gran
parte delle attività sono state interrotte, tutto appare privo di vita, di
suoni, di colori.
La
piazza San Magno non è più allietata dai bambini che solitamente si rincorrono
festosi intorno alla fontana e sul sagrato della Chiesa. Anche i tavolini dei
bar di via Garibaldi sono privi di ragazzi che non fanno più l’aperitivo o
mangiano il gelato. Nel parco Castello
non si gioca sui verdi prati, né si fa
running lungo le sue stradine, gli anziani hanno smesso di giocare a bocce nel campetto e i bambini non lanciano
il pane alle ochette del laghetto. Sono rimasti in solitudine solo scoiattoli e
uccellini. Quanta desolazione impera!
Ogni
tanto il suono delle campane squarcia il silenzio assordante e gravoso
dell'aria! È sconvolgente quello che sta succedendo. Mi sembra di essere sul
set di un film di fantascienza, spettatrice e partecipante nel contempo, ma
tutto è maledettamente vero! È accaduto così velocemente che non abbiamo avuto
neanche il tempo di metabolizzare… Siamo stati catapultati in una situazione di
restrizione, impensabile in tempi di democrazia! Non so quando e come ne
usciremo da questa orrenda situazione, ma sono sicura che se rispetteremo le
regole e se staremo tutti uniti a casa arriveranno tempi migliori.
Con
fatica ci rialzeremo, ritorneremo a riabbracciarci, a riappropriarci delle nostre
città, delle strade, delle piazze, dei negozi, dei bar, dei parchi, dei posti
di lavoro, delle scuole, delle chiese e ritorneremo ad essere cittadini del
mondo. Porteremo la luce e i colori nei nostri cuori! Si è fatto tardi, suona
il telefono, è la mia amica Ivana che mi chiama, ci scambiamo le nostre
consuete opinioni e ci lasciamo con parole di speranza.
Sento
un po’ di freddo, mi alzo, vado in cucina a prepararmi una tazza di the verde
che Aishah mi ha portato dai suoi viaggi di lavoro da Dubai e torno a sedermi
sul divano a sorseggiarlo riavvolgendomi ancora nel mio caldo plaid verde.
Domani
sarà un altro giorno.
Angela
Manfredi
Legnano,
31 marzo 2020
Nessun commento:
Posta un commento